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CONFARTIGIANATO VICENZA: “NORME ALTERNATIVE AI VOUCHER TROPPO PESANTI”

CONFARTIGIANATO VICENZA: “NORME ALTERNATIVE AI VOUCHER TROPPO PESANTI”

Non si placa la polemica di Confartigianato Vicenza sul dopo-voucher: dopo la loro abolizione il Governo, infatti, si era impegnato a trovare una soluzione alternativa e innovativa per venire incontro alle esigenze delle imprese in tema di flessibilità, esigenze di mercato, costi contenuti. Anche l’intervento del premier di sabato a Bologna non fa avvalorare le istanze presentate a favore delle micro imprese.

“Purtroppo – dichiara Sandro Venzo, componente della Giunta di Confartigianato Vicenza con delega al Lavoro – con il nuovo testo sulle prestazioni occasionali in discussione al Senato, si sta materializzando una normativa che esclude molte aziende e che per le altre è molto più costosa e prevede diversi appesantimenti burocratici”.

Primo punto è l’utilizzo del nuovo contratto, di fatto vietato alle imprese che hanno alle proprie dipendenze più di cinque lavoratori a tempo indeterminato. “Non si sa – prosegue Venzo- in base a quale criterio sia stato definito tale limite, non si capisce per quale motivo non si sia fatto riferimento almeno al concetto di micro-impresa, cioè quelle realtà imprenditoriali che hanno meno di dieci dipendenti”.

Altro dato negativo, per Confartigianato, è quello che riguarda l’aumento consistente dei costi del nuovo contratto. Infatti se un voucher, corrispondente a un’ora di lavoro, costava all’impresa 10 euro, adesso quell’ora costerà all’impresa circa 12,3 euro, con un aumento del 25%. “Ammettiamo pure che la flessibilità abbia un costo –commenta Venzo- ma un aumento così consistente non è assolutamente giustificabile. Ancor più insensato è il costo fisso per le prestazioni fino a 4 ore consecutive. In questo caso, la legge prevede che fino alla quarta ora il compenso non possa essere inferiore a 36 euro il che si traduce, in costi aziendali, in circa 49,14 euro. È inconcepibile che un’azienda paghi un’ora di prestazione occasionale quasi 50 euro, più del doppio del costo di un lavoratore stabile in azienda.”

C’è poi l’appesantimento procedurale per attivare la prestazione occasionale. La futura legge richiede la stipula di un contratto di lavoro, nonché la registrazione di committente e prestatore di lavoro sulla piattaforma informatica gestita dall’INPS. A ciò si aggiungono l’obbligo di comunicare all’Istituto previdenziale l’utilizzo della prestazione lavorativa un’ora prima del relativo inizio e l’obbligo di revoca della stessa nel caso di mancato svolgimento della prestazione, pena il pagamento della mansione non effettuata.

“Tutti adempimenti che, all’atto pratico, renderanno molto complicato l’utilizzo dello strumento -prosegue Venzo-. Per non parlare poi delle lentissime tempistiche, a cui l’INPS ci ha abituato, nell’aggiornare la propria piattaforma informatica. Si corre il serio rischio che, oltre alle ristrettezze normative, le prestazioni occasionali non siano subito fruibili a causa della mancanza di direttive operative da parte dell’Istituto. Quanto all’aspetto legato alla sicurezza sul lavoro, pur concordando sulla necessità che siano garantite al prestatore di lavoro le tutele in materia, sarebbe auspicabile trovare soluzioni meno onerose per quello che attiene gli adempimenti burocratici”.

Infine, le sanzioni. Il superamento dei limiti di importo del compenso determina la trasformazione del rapporto di lavoro occasionale in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato. “Le violazioni dell’obbligo di comunicazione, o riguardanti le ipotesi in cui il lavoro occasionale è vietato, fanno scattare una sanzione amministrativa pecuniaria di importo variabile da 500 a 2.500 euro per ogni prestazione lavorativa giornaliera”, conclude Venzo.

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